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STASERA SI RECITA A SOGGETTO

Ovvero la storia di un bambino e di una mamma segnati dalla violenza, e del loro coraggio di abbandonare un “copione” sbagliato per tornare ad essere protagonisti della propria vita.

La casa, la nostra casa, è il luogo che propizia l’incontro tra noi ed il mondo, tra la nostra persona e la realtà. L’ambiente familiare, le persone care, le “cose di casa” ci educano a maturare una fiducia ed un affidamento alla stabilità del mondo e della vita. Quando questo “propiziamento” non accade, perché impedito da un clima di violenza familiare, la persona ne esce come frastornata, disorientata, incapace di “stare al mondo” con fiducia e speranza.

È testimone di questa radicale verità il piccolo Luca (chiamiamolo così...) ospite da alcuni anni dell’Arsenale dell’Accoglienza, insieme a sua mamma Anna (altro nome di fantasia) e ai suoi fratelli. Luca è una delle tante vittime di quella violenza familiare che aggredisce, come un cancro, le vite delle nostre famiglie: il padre, uomo violento ed aggressivo, maltratta la moglie, lasciando che i figli assistano a questo triste spettacolo. Di fronte alla problematica rete di legami familiari, Luca scompare, si mimetizza come un camaleonte di fronte al pericolo, chiudendosi in una anonima normalità, che di normale, ahimè, non ha davvero niente. Dietro questo muto anonimato, infatti, Luca matura, giorno dopo giorno, violenza dopo violenza, una sindrome da “ipervigilanza”: succede come a quegli animali bastonati e maltrattati che non si lasciano avvicinare da nessuno, ringhiando a chiunque tenti di farsi loro vicino ed interpretando come una aggressione qualunque tentativo di contatto.

Luca ha solo 5 anni quando, insieme alla madre e ai fratelli, lascia la sua casa di origine: ancora piccolo, ma in realtà già lucido e consapevole di quello che sta accadendo. Giunta a Borghetto, la famiglia viene accolta in un appartamento indipendente all’interno della rete dell’Arsenale. Trascorre un anno in cui il nucleo tenta di rimettere insieme i cocci della propria esistenza. È un percorso faticoso e doloroso per tutti: anzitutto per mamma Anna, che è chiamata non solo a lenire le ferite dell’abuso, ma anche a riprendersi cura dei propri figli; lo è anche per Luca ed i suoi fratelli, che devono fare i conti con i modelli violenti ed abusanti appresi in casa.

Accade però che non tutto va come ci si sarebbe aspettato, sicché i due fratelli maggiori di Luca devono lasciare il nucleo familiare per intraprendere un proprio percorso di rinascita. Purtroppo, questo nuovo “contesto” familiare fa da detonatore a tutto il malessere che Luca si porta dentro da anni: Il bravo e tranquillo bambino diviene così, nel giro di pochissimo tempo, aggressivo, violento, manesco, sfidando le pur fragili capacità di gestione della mamma. Si avvia quindi un differente progetto educativo che mette al centro Luca e la sua rete familiare. Il ragazzino inizia a trascorrere alcuni pomeriggi in comunità dove ha la possibilità di sperimentarsi in attività libere ed organizzate che supportino la sua guarigione. Luca ha bisogno di percepire attorno a sé un contesto regolamentato, nel quale scoprire che può abbassare la guardia, che può tornare a “fare il bambino” perché ci sono adulti attorno a lui che si occupano della sua sicurezza.

La risposta di Luca al nuovo “contesto” è sorprendente: il bambino in poco tempo inizia a ridurre le crisi di aggressività e a contenere la violenza che prova dentro. Per Luca diventano possibili quelle piccole cose che il suo temperamento un po’ aggressivo prima gli precludevano, come ad esempio giocare a calcio, cosa che a Luca piace tantissimo. Finalmente, Luca può sperimentare un rapporto nuovo con la mamma come colei che, pur dentro le sue fatiche personali, è capace di accudimento, di accoglienza e di contenimento, quando necessario. È questo l’obiettivo del nuovo percorso educativo: la creazione di un legame nuovo tra lui e la mamma, ricco di calore, comprensione e cura vicendevole.

 

Con gli occhi lucidi dalla commozione, Andrea, il giovane papà che a Borghetto si prende cura di lui e della sua mamma, mi racconta un punto di svolta del percorso di Luca: il piccolo impara a dire alla mamma “ho bisogno di te”, riconoscendo il suo debito e il suo legame profondo con il genitore. Quando poi questo riconoscimento si scioglie in un abbraccio, beh, confessa Andrea, “quello è stato un momento di pura estasi”.

C’è quindi un lieto fine alla storia? Non si sa… è presto per dirlo… Andrea ci tiene a sottolineare che la storia di Luca ed Anna è una storia aperta, il cui finale deve ancora essere scritto. Entrambi sono ancora impegnati in un percorso di guarigione personale e familiare: Anna sta piano piano scoprendo la propria autonomia e rinforzando le priorie competenze genitoriali; Luca ha imparato che il mondo può essere meno ostile e che ci sono persone verso cui può vivere una fiducia incondizionata. Non siamo all’happy eding, ma sicuramente per mamma e bambino questo non è poco.

 

Il segreto della storia è stato il cambio del “contesto”. È come se gli eventi li avessero costretti a recitare una parte che, giorno dopo giorno, hanno imparato a memoria. Andrea e gli amici dell’Arsenale hanno provato a cambiare copione, a modificare la scenografia e a suggerire, con delicatezza e costanza, nuove battute a Luca ed Anna, lasciando che imparassero a interpretare da soli la commedia della loro vita. Con un nuovo palco, una nuova platea, un nuovo canovaccio e nuovi registi, Luca ed Anna hanno imparato che il cambiamento è possibile, che è a portata di mano. Certo, i balbetti e le balbuzie appresi in anni di recitazione sbagliata non passano in un momento: occorre allenamento, impegno e fatica. Sono consapevoli che qualche “steccata” la prenderanno ancora, che dimenticheranno la battuta o sbaglieranno un’entrata in scena… Ma che gioia scoprire che nella vita si recita a soggetto e che, in fondo, sei tu a decidere la tua parte!

Marco Zanoncelli

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